Come creare una relazione tra prodotto e cliente? Start Hub, Rebel Change!
Lug 17

I legami della libera connessione

I legami della libera connessione

Bisogna collegarsi alle persone” è un’importante e impegnativa dichiarazione d’intenti. È anche una frase di efficacia immediata che, però, può prestarsi a diversi equivoci e assumere significati molto differenti l’uno dall’altro.
Collegare deriva dal latino CUM (insieme) e LIGARE (congiungere strettamente). Quindi potrebbe essere intesa come “legare assieme”. È quasi naturale che da ciò nascano problemi di interpretazione.
Infatti, al giorno d’oggi, collegare è un verbo abusato, grazie al quale spesso si allude alla volontà di legare le persone, piuttosto che all’intenzione di connettersi davvero con loro.
Questo è ciò che talvolta viene venduto alle aziende: una forma di costrizione che tenga i consumatori fermi o li induca a rimanere in un recinto circoscritto. In ultima analisi, si propone alle aziende una specie di controllo costante e chiavi in mano delle persone.
La base del controllo è assicurata dal tramite del digitale. Avviene o avverrebbe grazie alla magia (a volte dai toni un po’ oscuri, tendenti al nero) delle diavolerie tecnologiche. Quello cui si punta sarebbe una manipolazione, parola che però resta un tabù che, quindi, non viene pronunciata proprio perché contiene un retrogusto spiacevole.
Le aziende, in ultima analisi, si vedono così proporre o recapitare il concetto di legare, nascosto sotto l’ombra di un connettere essenzialmente travisato.

I fili del controllo

Anche se può sembrare paradossale, più un filo è sottile, maggiore è la solidità del legame che riesce a creare: meno costringe, meno incatena, più riesce a stabilire vicinanza e familiarità.

La comprensione, l’empatia, la partecipazione attiva sono direttamente proporzionali alla qualità della connessione che, quindi, non dipende dalla forza esercitata, dalla ripetizione e dall’intrusività, ma addirittura dai loro contrari.

Eppure siamo ossessionati dal controllo, la cui caratteristica è quella della presenza costante nei territori altrui, come di una videocamera di sorveglianza accesa 24 ore su 24 per osservarne le immagini e i movimenti. Anzi, peggio: come una videocamera puntata non sull’esterno, ma contro la privacy dei padroni di casa, per carpirne i segreti e accumularli da qualche parte.

Spesso il controllo può essere guidato dall’algoritmo della diffidenza.
Cerchiamo lo stimolo giusto che determini la risposta istintiva, inconscia, monodimensionale. A ciò si oppone la naturalezza dell’ascolto senza preconcetti, in cui subentra con forza e come requisito ineludibile il fattore umano.

La diffidenza e la sottovalutazione come elementi di base possono aiutare a mettersi in relazione col consumatore? Probabilmente non molto. Egli non è solo un detentore di segreti inconsapevoli, piuttosto una fonte di piccole verità e di intuizioni personali da non prendere sottogamba.
Se incontro qualcuno in strada, non posso certo fargli una TAC al volo e proseguire avendo carpito il suo stato interiore e di salute. Sarà più proficuo fermarsi, scambiarci quattro chiacchiere, offrigli un caffè, cercare di capire vis a vis quali siano i suoi bisogni e le sue aspirazioni.
Preferiamo sempre dare precedenza alla realtà, rispetto alla realtà illusoria, perché la prima genera consapevolezza la seconda ne provoca la dispersione.

Come creare una relazione emotiva prodotto-cliente?

Effetti del Velo di Maya

Māyā e una parola che in sanscrito, in origine, significava “creazione” e che in seguito ha assunto il significato di “illusione”.
Allo stesso modo viviamo l’illusione dei big data, garantiti dalle agency specializzate, dimenticando che il controllo è un’operazione titanica, spropositata, dispendiosa, manovrata da élite di cui non facciamo parte. Cui forse non sarebbe neanche desiderabile appartenere.
La tecnica ovviamente va usata ed è imprescindibile. Know How ed esperienza nel campo del marketing sono fondamentali. Al contrario l’illusione è autoconclusiva e rappresenta quel velo che impedisce o altera la profondità di rapporto.

Connettersi è comprendere e ascoltare, è soprattutto mettersi in relazione. Solo così possiamo concepire soluzioni e creare i prodotti giusti: per il consumatore e col consumatore.
Non sarà solo il nuovo ritrovato social o digital, di business intelligence o di analytics a poter finalizzare soluzioni o prodotti utili, che siano stati voluti e condivisi assieme alle persone.

Metodo e reale disponibilità

Semplicemente ci colleghiamo. Questo è il metodo con cui facciamo le cose in Start Hub Rebel Change: con le giuste tecnologie, con la propensione verso le cose ben fatte, ma realizzate in reale disponibilità.
La disponibilità è reale perché sincera. Nasce da finalità che rientrano nelle nostre corde e nell’enunciazione di una mission non elaborata solo per query e keywords, ma per propensione naturale.
Otteniamo così la relazione, il giusto collegarsi con le persone, infine il connettersi con il mercato. Lo facciamo anche con grandi gruppi di persone, non solo con i singoli. Ci ascoltano perché in Start Hub vedono, rilevano e si rivedono nei valori fondanti del progetto stesso.

Usiamo la tecnologia, ma come metodo, non come fine. Non vendiamo le tecniche, non vendiamo le modalità avanzate digitali anche se possiamo farne uso laddove servano.
Questa è la modalità che raccontiamo e portiamo avanti. In Start Hub è fattibile ed è basata sulla praticità.
Si tratta di uno dei nuovi modi per sviluppare e creare prodotti. Crediamo avrà un impatto sempre più forte in futuro, nei vari futuri a volte incerti e sfaccettati che ci aspettano.
“Bisogna collegarsi alle persone” era la frase d’apertura di questo post. In Start Hub lo facciamo così, credendoci fino in fondo, realizzando soluzioni in empatia con chi si vorrebbe solo controllare.

Quindi la domanda conclusiva è: “Vuoi creare connessioni reali, sviluppare relazioni e soluzioni, quindi prodotti realmente utili?”
Puoi farlo grazie a Start Hub Rebel Change, scoprendo la nostra sezione di sviluppo prodotto.

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